Ad essere indagata per omicidio colposo è stata l’equipe medica,  che ha seguito l’iter ospedaliero del paziente dal ricovero al decesso.

Un’infezione scaturita dalla rottura del colon durante l’esportazione di una neoplasia ad un rene, ha decretato l’inizio del calvario per A. C., imprenditore 56enne, deceduto il 24 marzo in un noto ospedale romano, dopo un mese passato in coma farmacologico. Ad essere indagata per omicidio colposo è stata l’equipe medica, composta da 6 dottori del reparto di urologia, che hanno seguito l’iter ospedaliero del paziente dal ricovero al decesso.
La tragica “parabola” di A. C. decolla lo scorso autunno, quando i medici gli diagnosticano un tumore al rene. L’uomo, supportato dalla presenza dei familiari, sembra non perdersi d’animo difronte al prospetto del percorso terapeutico da affrontare, che prevede l’esportazione dell’organo compromesso, fissata per la metà del mese di gennaio.
All’ingresso in sala operatoria, il 56enne appare sereno. Ciò nonostante, durante l’operazione qualcosa va storto. Che si tratti di un errore medico o di una casualità inevitabile, il colon dell’uomo viene bucato, determinando il crollo della sua già fragile condizione, resa ancor più grave da una peritonite.
Nei giorni successivi, l’imprenditore 56enne è preda di dolori lancinanti all’addome, che si presenta inspiegabilmente gonfio. La moglie ed il figlio non lo abbandonano nemmeno per un istante, finchè, giunti a metà febbraio scorso, le sue condizioni si aggravano ulteriormente. L’unica strada proposta dai medici, alla luce del quadro clinico dell’uomo è il coma farmacologico. Il paziente, straziato dai dolori lancinanti, accetta.
Passa più di un mese in coma, fino al 24 marzo scorso, quando nonostante i numerosi tentativi da parte dei medici di salvargli la vita, A. C. muore.
Venerdì 27 marzo è stata effettuata l’autopsia sul corpo esanime del 56enne, strappato alla famiglia da una presunta colpa medica.

Sei medici indagati per presunta colpa medica